L'Associazione "La Capanna", creata da Mario Giuliano nel 1994, lotta per combattere il degrado e la sofferenza che esiste nella società. Condanna, quindi, l'ipocrisia e l'indifferenza dei cittadini, specialmente quella strumentalizzata da coloro che hanno il potere gestionale. Infine è contro gli sprechi di denaro pubblico, contro le false ideologie politiche e di qualsiasi altra forma.

Presentazione e autobiografia (1)

Mi chiamo Mario, sono nato a Napoli nel 1947 e vivo a Rimini dal 1986, dopo essere stato vincitore di un concorso pubblico, indetto dal Ministero della Difesa, come aggiustatore meccanico. Lasciavo la dipendenza dell’ex stabilimento Selenia S.p.A. di Pozzuoli, per trasferirmi a Rimini alle dipendenze dell’aeroporto militare di Miramare di Rimini, con la qualifica di congegnatore meccanico.
La realtà durante la mia infanzia era la seguente:
la mia famiglia composta da mio padre calzolaio, mia madre casalinga quattro figli di cui due maschi e due femmine, nati e vissuti in un appartamento di Napoli, a piano terra (detto basso), di circa 25 mq con angolo cottura e wc nella stessa stanza, in un quartiere molto noto della città di Napoli, a poca distanza dall’abitazione d’infanzia del famoso attore Totò ( Antonio De Curtis).
In quel tempo tali realtà abitative erano molto diffuse, con un parentato allargato per quartiere, infatti zii, cugini, parenti di ogni grado si trovavano a vivere nella stessa circoscrizione. Dobbiamo dire che le difficoltà non mancavano, ma erano maggiormente risolvibili, perché tali problemi non erano di carattere burocratico come oggi, quindi si poteva mettere a posto materialmente, e, molte cose si adempivano sulla parola, che valeva come garanzia pratica e più immediata della carta bollata che tutti usiamo oggi .

Non vi era l’oppressione e la persecuzione del fisco, infatti non c’era la partita iva, i prodotti non presentavano l’iva, lo scontrino fiscale non esisteva, si sopravviveva con modestia, e malattie come la depressione non avevano campi di azione come oggi, infatti erano rari fenomeni depressivi dovuti a fattori economici o a fallimenti, cosa che si verifica oggi con attività che aprono e chiudono. Prima i negozianti la loro attività la tramandavano da padre in figlio senza molti problemi.
Vi faccio un esempio, il famoso Totò, divenuto poi attore, nella sua giovinezza si inventò un lavoro di marketing sponsorizzando prodotti di un commerciante del posto, che metteva in offerta i suoi prodotti alimentari, vini, olio ecc… Non si faceva alcun contratto per questo tipo di collaborazione, ma alla fine della rappresentazione si saldava secondo quello che si era pattuito.
Altri mestieri comuni erano l’ombrellaio, quello che riparava i piatti di ceramica, chi eseguiva la stagnatura ai tegami di rame, il lustra scarpe, il gelataio che transitava con un carretto addobbato, venditori ambulanti di ogni categoria.
Se parliamo di vestiario, in quel periodo si usava indossare completi di giacca e pantaloni che oggi indossano solo chi esercita certe professioni, mentre in questi anni anche famiglie che non avevano determinate possibilità economiche si potevano permettere di indossare tali abiti.
Da premettere che le sartorie artigianali in proprio facevano pagare anche a rate settimanali o mensili direttamente in bottega, non c’erano finanziarie come oggi e non c’era l’applicazione degli interessi (riguardo il vestito costruito dal sarto). Dato che le persone facevano determinati sacrifici per possedere tale abito, se sopravvenivano delle usure o il colore si sbiadiva, allora si contattava il sarto per far rivoltare il vestito, cioè il tessuto veniva girato all’interno della stessa giacca, in modo da farlo sembrare nuovo.
Questo tipo di trasformazione si usava anche con i colletti delle camicie, cappotti ecc… La sarta, detta “di famiglia”, eseguiva anche lavori di recupero dalle lenzuola, federe, tende, grembiuli per la scuola o altro, quando si verificava uno strappo al vestito c’era quello che eseguiva rammendi speciali, che riprendeva i fili dello stesso tessuto e magliava lo strappo. Altre migliaia di mestieri più disparati portavano avanti intere famiglie.
Pensate avevo solo 9 anni quando frequentavo la scuola e lavoravo, ma non era una novità, perché era molto diffusa questa cultura di educazione al lavoro, e quindi io non sono completamente d’accordo quando sento parlare di sfruttamento dei minori, perché io non mi sono mai sentito sfruttato. Infatti da garzone assunto in un negozio di parrucchiere, a circa 14 anni cambiai quattro datori di lavoro e a 15 anni ero diventato parrucchiere semi finito ( mezzo lavorante) poi a 15 anni cambiai totalmente mestiere, a seguito di un corso di tre anni come aggiustatore meccanico potei lavorare nelle più importanti aziende, raggiungendo la più elevata professionalità nel settore metalmeccanico.
Altri miei amici della stessa età a solo 14 anni avevano raggiunto la capacità di operai nel settore della carrozzeria auto, e oggi hanno la più prestigiosa carrozzeria di Napoli. Quindi chi ha fatto diventare tutto ciò come sfruttamento minorile, si dovrebbe preoccupare del vagabondaggio giovanile, aggravato dalla disoccupazione, perché oggi ci si trova a circa 20 anni senza avere un mestiere. Se c’era questa preoccupazione per lo sfruttamento minorile bisognava già da allora provvedere a tutele antisfruttamento.
Posso dire che in tutti questi anni ho assimilato una esperienza in diversi campi della vita, avendo vissuto in prima persona il sociale, allora come protagonista e oggi come rappresentante, nella maniera diretta come fatto concreto il quale mi ha fatto crescere in autonomia e mi ha dato modo di apprezzare i valori sociali umani, con dignità. Infatti nel 1947 si era lasciato il periodo della seconda guerra mondiale con il dramma della povertà che si faceva sentire per una larga parte di cittadini, specialmente nel sud Italia, di conseguenza tutti cercavano di darsi da fare. In quel tempo specialmente al sud vi era una forma di sociale collettiva, paragonabile a un parentato allargato, ciascuno viveva il dramma dell’altro.
Anche la politica, nonostante qualche buco nero, ottemperava a una forma di collettività per uscire dal dramma, infatti dopo circa dieci anni si cominciava a costruire il boom economico, con fabbriche che si espandevano, servizi istituzionali che si adempivano e così si cominciava ad assaporare il benessere.
Oggi viviamo tutti nel benessere condizionato e strumentalizzato da ogni parte, quindi la nostra attuale società affascinata da questa evoluzione, ha chiuso tutte le possibilità di libertà, le doti della capacità umana, le creatività individuali. Il senso e il rispetto sociale sono stati rinchiusi simbolicamente in un forziere inabissato che nessuno può più aprire.
Sicuramente l’evoluzione della vita non poteva fermare l’avanzamento del progresso, ma è pur vero che bisognava fare una politica adeguata in modo preventivo a tutela di chi ha solo la possibilità di arrangiarsi per vivere, e quindi mettere la partita iva a qualsiasi livello di imprenditoria, o artigianato, categorie che con il loro profitto non avrebbero intaccato le casse dello Stato perché il loro profitto è quasi sempre marginale.
Invece si è fatta una guerra all’evasore, ma chi è l’evasore?
E’ quello che fa due ore in nero ogni tre giorni, o il bambino che non si fa dare lo scontrino avendo comprato le patatine (fatto di cronaca). E il professionista che non lascia ricevute, come spesso accade con il nostro dentista di fiducia, e tantissime altre figure professionali che fanno consulenze come secondo e terzo lavoro?
In molte circostanze l’evasione del fisco a livelli grandi non cessa, mentre quasi come una falciata ha colpito il piccolo arrangiatore, inchiodandolo nella sua disperazione, e oggi si parla di nuove povertà e nuove situazioni.

-la casa, un problema -il lavoro non c’e’ -la poverta’ si allarga -pagare le bollette diventa difficile -i prezzi a consumo sono in aumento, tutto verso il disastro sociale.

Come puoi notare i bisognosi stanno diventando sempre più lo strumento dei politici e degli affaristi, poi si aggiunge il potere dei dirigenti pubblici e quindi la fascia più fragile dei cittadini accusa la violenza psicologica, fisica, sociale, e materiale, e il ceto medio sta precipitando verso la nuova povertà che si va ad aggiungere a quella già esistente. Il potere attuale fa emergere una nuova strategia, divide le categorie dei cittadini in fasce, in quelli che possiedono beni e capacità manageriali e quelli che sono considerati il peso fastidioso e quindi c’è la rimessa. Così vengono condannati attraverso il finto benessere come obbligo, ma irraggiungibile per molti. Ciò diventa un vero genocidio psicologico delle masse, finalizzato al raggiungimento di una società di pochi ma buoni. Questa amara realtà è sempre esistita, in passato i soggetti venivano eliminati con i forni crematori oggi con strumenti più “eleganti”, che ti portano all’esasperazione automatica.

In pratica prima si soffriva per determinate condizioni oggettive del dopoguerra, oggi la situazione è cambiata, la povertà, lo sfascio sociale è come se fosse voluto, facendo diventare le persone uno strumento.

Per dire, la povertà di un tempo non era assoggettata ad altri meccanismi, infatti si parlava di assistenti sociali molto di rado e quindi tali figure professionali erano in numero contenuto. Oggi si sono trovati sistemi e modi per costringere la persona bisognosa a rivolgersi all’ufficio di assistenza, detto sociale. Infatti quando viene preso in carica, già progetta per il tizio di farlo ritornare al suo ufficio, e questo accade anche se il soggetto viene continuamente respinto, tale comportamento viene giustificato perché è previsto dal…

Soggetti o strumenti (le persone), Politica partitica (affaristica)

E per riagganciare il discorso: c’è stato il periodo di mani pulite che sembrava l’applicazione di una giustizia che assicurava a tutti una nuova era di equità, e invece siamo peggio di prima.
E' da qui che sarebbe poi incominciata la confusione, per stilare nuovi interessi impropri, quindi mala vita, politica contraffatta, speculazione di ogni tipo e di ogni settore. Siamo arrivati ad oggi e ne stiamo assaporando le conseguenze.

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